venerdì 31 ottobre 2008

25 ottobre



Sono quasi due giorni che non funziona internet, cheppalle! Finalmente ieri sono andata a ritirare il mio completo-specchietti-per-le-allodole pronto, a cui ho fatto cucire un nastro per farci il fiocco. Della serie “perché la Sò vuole passare inosservata”, eccolo in anteprima per voi:

Poi ho fatto altri acquisti importanti, tipo i braccialetti (quelli verdi alla fine li ho dovuti spaccare, per toglierli), i bindi (l’ornamento che si mette sulla fronte), Io c’ho impiegato tre ore a sceglierlo, strano, eh? Alla fine ho optato per uno “leggermente” vistoso, ma molto bello. Inoltre, ho fatto incetta, come al solito, di caramelle per i bimbi. Ormai quelli che abitano qui vicino mi conoscono e cominciano a chiamarmi da lontano “Sonia didiiiii!”. Ho fatto amicizia anche con qualche vicina di casa. Con le donne è un po’ più difficile rapportarsi, perché sono piuttosto diffidenti, e spesso non vedono di buon occhio le
straniere. Però se vedono che giochi con i loro bambini, che regali loro le caramelle sono contente, e quando poi scoprono che parli che parli hindi, basta: è fatta! Per altro, la maglietta con l’alfabeto devanagari (letteralmente “della città degli dei”, ovvero l’alfabeto della lingua hindi) da 20 rupie, è un ottimo mezzo per fare amicizia: è capitato un tre volte che delle signore che conosco -seppur poco- cominciassero a leggere l’alfabeto, avendo ben cura di toccare tutte le lettere!
Certo, mi sconcerta molto di più vedere gli uomini che se ne vanno in giro mano nella mano, con le dita intrecciate. Questo per amicizia, okay. Ma Mili ci ha raccontato addirittura che spesso qui la repressione sessuale è talmente esasperata, e l’ipocrisia della società talmente radicata, che spesso le prime esperienze sessuali degli uomini sono con altri uomini. E non perché sono necessariamente gay, ma perché evidentemente vale la legge del “ndo cojo cojo”.
Cambiando discorso, oggi Raju si è complimentato con me, perché, oltre ad aver fatto bene le traduzioni, ho parlato tanto senza fare troppi errori. È l’unica persona che è contenta del fatto che io chiacchieri così tanto e volentieri!
Nel pomeriggio, io, Michy e Cri siamo andate a ritirare le nostre blouse (cioè il top della sari) dal sarto. Che ridere, la forma ricorda molto quella dei reggiseni di Madonna nel video di “Like a Virgin”, sono obbrobriosi! Per di più lasciano la panza completamente scoperta!
Il padrone del negozio di sari, tra un “I’ll tell you sister” (“ti dirò sorella”, dove “sorella” sarebbe il corrispettivo inglese di “didi”, sarebbe!) e l’altro, ha consigliato a tutte e tre di comprare i braccialetti (indispensabili con la sari) “maroon”, cioè bordeaux. Ma ovviamente di comprarli dal suo amico, che ce li ha più belli, più resistenti, più economici e più luccicosi del mondo. Se fosse per lui dovremmo comprare lo stock di braccialetti maroon! Ché poi sono strani gli indiani. Loro non hanno certo problemi di accostamento di colori o di abbinamenti: le donne comprano un pezzo enorme di stoffa per farci la sari e viene fuori anche la blouse, oppure ci fanno il salwar kamiz con la dupatta (sciarpa), non come noi che dobbiamo abbinare maglietta, pantalone, maglione, giacca ecc. ecc… C’è qualcuna, poi, che deve abbinare persino le calze e le mutande, ma lasciamo perdere.
L’evento del giorno è stato il ritorno trionfale di Pasto, che resterà con noi fino al giorno dopo Divali, la festa delle luci e dei colori, che sarà il 28. Mangla è emozionata e non fa altro che accompagnarci a prendere braccialetti, cavigliere, bindi e quant’altro, perché a Divali bisogna indossare vestiti e ornamenti nuovi. Per cui mi toccherà sacrificarmi, non vorrei mancare di rispetto agli indiani e delle loro tradizioni! Comunque stiamo stilando una lista dei posti dove ci deve portare Pasto, i cosiddetti “Fausto’s Duties”, lista che è stata compilata alla luce di una torcia elettrica in un ristorante vicino all’Assi ghat, gestito da un’italiana e un nepalese. Abbiamo mangiato quattro tipi di pasta, di cui una all’arrabbiata “un po’ saporita”, per dirla come Michela; ovvero mooolto piccante. Poi mi prendono in giro perché appena comincio a mangiare qualcosa di un po’ speziato comincia a colarmi il naso. Tra l'altro, ormai non solo mi sono abituata a mangiare piccante, ma persino la cipolla e l'aglio, che normalmente non posso neanche vedere!
Al ritorno, invece di andare in risciò, siamo tornati a piedi lungo i ghat, una passeggiata sul lungo Gange, molto suggestivo. E ora sono di nuovo a casa.
Sò!

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