Che giornatina piena oggi! Dopo una lezione di hindi molto interessante, nel corso della quale il nostro Raju si è dimostrato un facinoroso che ha valorosamente combattuto contro il vicino di casa eroinamone, eufemismo per dire che l’ha saccagnato di botte, e che ha addirittura annunciato alla Michy e alla Cri che probabilmente domani non farà lezione perché sarà in prigione per aver picchiato questo tizio!
Stavo pensando oggi che ormai andare in giro per le viette qui intorno è impegnativo, si tratta tutto di un lavoro di pubbliche relazioni, visto che bene o male mi conoscono tutti e mi salutano tutti, e ovviamente ricambio con piacere. C’è la didi (letteralmente “sorella maggiore”, è un termine con cui ci si rivolge alle donne piuttosto giovani; poi c’è chachi, “zia”, e dadi, nonna) di fronte a casa, che vende generi alimentari e non (i supermercati indiani, ovvero una persona dietro un tavolo e attorno millemila cose che, prima di consegnarle al cliente, spolverano accuratamente con uno straccio), e che quando ci vede sorride perché sa che compreremo qualcosa -preferibilmente dolci-. Poi c’è la signora piccolina con la mamma/suocera che mi salutano sempre, e che oggi hanno sorriso compiaciute quando ho risposto “namasté didi, namasté dadi!”, e poi ci sono tutti i dukandar di vestiti, che dovrebbero ormai baciare la terra dove cammino! Ci sono i bambini, quelli che camminano mezzi nudi e scalzi e quelli tutti precisi con la cartella e la divisa della scuola, ai quali distribuisco caramelle. Il categorico divieto di non accettare caramelle dagli sconosciuti, qui non vale. Ci sono i soliti rompiballe, ma a quelli basta rispondere male, come ho già scritto in precedenza.
Ci sono i motociclisti, che a malapena passano per le viuzze strette, ma che strombazzano senza remori, sulle loro moto Here Honda con targa firmata “I love God”, con gli specchietti inarcati verso l’interno e con almeno un passeggero a bordo (ma anche due, o tre. La Cri racconta di una moto che portava cinque persone), le donne sedute all’amazzone. Ci sono le bici, che passano scampanellando per farsi largo tra la folla. Ci sono i baba vestiti d’arancione che camminano con il bastone. Ci sono gli autorisciò (ovvero gli apecar adibiti a taxi) che bloccano il traffico (pedonale, ça va sans dire). Ci sono le vacche, i bufali, i tori, che passeggiano indisturbati nei vicoletti. Ci sono, infine, protagoniste della strada, le buasce, quelle cacate di vacca enormi tra le quali bisogna fare la gimkana. E considerate che qui molti, moltissimi indiani, vanno in giro scalzi.
Nel pomeriggio, sono andata con la Silvia e altri ragazzi argentini all’università, la BHU, una delle più grandi dell’India. Dopo tutti questi giorni, ho finalmente visto dei prati, alberi, del verde, insomma. Che emozione! C’erano pavoni reali, scoiattoli e altri animaletti carini che gironzolavano tranquilli per i giardini.
Mancavano le scimmie, ma abbiamo ampliamente recuperato facendo tappa al “Monkey temple”, dedicato ad Hanuman, il dio-scimmia che, insieme al suo esercito, ha aiutato Ram (avatar, ovvero manifestazione terrena di Vishnu) a sconfiggere il demone Ravana -il quale aveva rapito Sita, sposa dell’eroe- e a riconquistare Lanka (l’isola dello Sri Lanka, appunto). Tutto questo è narrato nel Ramayana, uno dei testi più importanti per gli hindu. Comunque, dicevo: “monkey temple”: un bel posticino, assolutamente degno di tal nome vista la quantità inaudita di esemplari. L’ingresso nel tempio è possibile solo a piedi nudi, solo che si scivola amabilmente e bisogna stare super attenti a non cadere! Poi siamo tornati in autoriksciò, in quattro, e durante il tragitto ho suonato lo djambé insieme a Vinod, nepalese, mentre la Silvia faceva tintinnare i sonaglietti, probabilmente un giocattolo per le scimmie.
Dopo aver comprato al volo un paio di infradito nuove, visto che le mie mi avevano appena abbandonato nel bel mezzo del cammino di Godolya, abbiamo assistito al saluto al sole sul ghat principale, uno spettacolo estremamente emozionante, che non avevo ancora visto. Uno dei brahmani che presiedevano il rito muoveva le mani in maniera incantevole, e poi tutte quelle candele che splendevano nel buio sulla riva della Ganga…
Stavo pensando oggi che ormai andare in giro per le viette qui intorno è impegnativo, si tratta tutto di un lavoro di pubbliche relazioni, visto che bene o male mi conoscono tutti e mi salutano tutti, e ovviamente ricambio con piacere. C’è la didi (letteralmente “sorella maggiore”, è un termine con cui ci si rivolge alle donne piuttosto giovani; poi c’è chachi, “zia”, e dadi, nonna) di fronte a casa, che vende generi alimentari e non (i supermercati indiani, ovvero una persona dietro un tavolo e attorno millemila cose che, prima di consegnarle al cliente, spolverano accuratamente con uno straccio), e che quando ci vede sorride perché sa che compreremo qualcosa -preferibilmente dolci-. Poi c’è la signora piccolina con la mamma/suocera che mi salutano sempre, e che oggi hanno sorriso compiaciute quando ho risposto “namasté didi, namasté dadi!”, e poi ci sono tutti i dukandar di vestiti, che dovrebbero ormai baciare la terra dove cammino! Ci sono i bambini, quelli che camminano mezzi nudi e scalzi e quelli tutti precisi con la cartella e la divisa della scuola, ai quali distribuisco caramelle. Il categorico divieto di non accettare caramelle dagli sconosciuti, qui non vale. Ci sono i soliti rompiballe, ma a quelli basta rispondere male, come ho già scritto in precedenza.
Ci sono i motociclisti, che a malapena passano per le viuzze strette, ma che strombazzano senza remori, sulle loro moto Here Honda con targa firmata “I love God”, con gli specchietti inarcati verso l’interno e con almeno un passeggero a bordo (ma anche due, o tre. La Cri racconta di una moto che portava cinque persone), le donne sedute all’amazzone. Ci sono le bici, che passano scampanellando per farsi largo tra la folla. Ci sono i baba vestiti d’arancione che camminano con il bastone. Ci sono gli autorisciò (ovvero gli apecar adibiti a taxi) che bloccano il traffico (pedonale, ça va sans dire). Ci sono le vacche, i bufali, i tori, che passeggiano indisturbati nei vicoletti. Ci sono, infine, protagoniste della strada, le buasce, quelle cacate di vacca enormi tra le quali bisogna fare la gimkana. E considerate che qui molti, moltissimi indiani, vanno in giro scalzi.
Nel pomeriggio, sono andata con la Silvia e altri ragazzi argentini all’università, la BHU, una delle più grandi dell’India. Dopo tutti questi giorni, ho finalmente visto dei prati, alberi, del verde, insomma. Che emozione! C’erano pavoni reali, scoiattoli e altri animaletti carini che gironzolavano tranquilli per i giardini.
Mancavano le scimmie, ma abbiamo ampliamente recuperato facendo tappa al “Monkey temple”, dedicato ad Hanuman, il dio-scimmia che, insieme al suo esercito, ha aiutato Ram (avatar, ovvero manifestazione terrena di Vishnu) a sconfiggere il demone Ravana -il quale aveva rapito Sita, sposa dell’eroe- e a riconquistare Lanka (l’isola dello Sri Lanka, appunto). Tutto questo è narrato nel Ramayana, uno dei testi più importanti per gli hindu. Comunque, dicevo: “monkey temple”: un bel posticino, assolutamente degno di tal nome vista la quantità inaudita di esemplari. L’ingresso nel tempio è possibile solo a piedi nudi, solo che si scivola amabilmente e bisogna stare super attenti a non cadere! Poi siamo tornati in autoriksciò, in quattro, e durante il tragitto ho suonato lo djambé insieme a Vinod, nepalese, mentre la Silvia faceva tintinnare i sonaglietti, probabilmente un giocattolo per le scimmie.
Dopo aver comprato al volo un paio di infradito nuove, visto che le mie mi avevano appena abbandonato nel bel mezzo del cammino di Godolya, abbiamo assistito al saluto al sole sul ghat principale, uno spettacolo estremamente emozionante, che non avevo ancora visto. Uno dei brahmani che presiedevano il rito muoveva le mani in maniera incantevole, e poi tutte quelle candele che splendevano nel buio sulla riva della Ganga…
http://it.youtube.com/watch?v=UQY2ov8CsFc
E poi siamo tornate a casa e io finalmente ho avuto l’ottima notizia: il manager mi ha procurato una sim indiana! Menomale, dal momento che ho portato due sim italiane e non ne funziona nessuna!
A cena siamo andate a mangiare alla solita pizzeria sull’Assi ghat, e, mentre ero sul risciò, mi sono quasi emozionata vedendo un cartello blu che indicava il luogo di nascita della mia amata rani di Jhansi. Ci devo andare, uno di questi giorni.
Buonanotte,
Sò!
E poi siamo tornate a casa e io finalmente ho avuto l’ottima notizia: il manager mi ha procurato una sim indiana! Menomale, dal momento che ho portato due sim italiane e non ne funziona nessuna!
A cena siamo andate a mangiare alla solita pizzeria sull’Assi ghat, e, mentre ero sul risciò, mi sono quasi emozionata vedendo un cartello blu che indicava il luogo di nascita della mia amata rani di Jhansi. Ci devo andare, uno di questi giorni.
Buonanotte,
Sò!
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