domenica 8 novembre 2009

Haridwar



È difficilissimo scrivere di tutto quello che ho vissuto in questi dieci giorni, a spasso tra Haridwar, Rishikesh, Amritsar e Moga. Sono stati dei giorni molto intensi, in cui sono stata benissimo, ho visitato posti bellissimi e ho conosciuto persone molto interessanti.

Avevo davvero bisogno di staccare da Varanasi, soprattutto perché la situescion a casa non era delle migliori, tutt’altro: mi sentivo esclusa, isolata, addirittura ignorata, e questo mi feriva molto. Soprattutto considerando che questo ragazzo prima era tutto carino e simpatico, andavamo spesso in giro insieme, e quando è arrivata la sua morosa ha cominciato a comportarsi come se io fossi invisibile. E non è che sono gelosa, semplicemente per me era un punto di riferimento, che mi è venuto a mancare. Per di più erano entrambi molto maleducati nei miei confronti, e piuttosto che stare con loro e sentirmi sola preferivo stare effettivamente da sola.

Inizialmente, l’intenzione era di stare un po’ di giorni a Mussoorie con le altre ragazze italiane che studiano lì, per poi andare tutte insieme ad Amritsar per Divali e poi a Moga, per il matrimonio della sorella di Gurvir, l’amico di Lucia.
Visto che il treno arrivava ad Haridwar, Raju mi ha consigliato di passare un giorno ad Haridwar e un paio di giorni a Rishikesh, che ne sarebbe valsa la pena, tanto più che a Mussoorie faceva molto freddo. E mentre pensavo a questo giro, mi è venuto il pallino di Goa. Avevo già in programma di andare a Bangalore a fine novembre, per trovare la Lucia didi e Sanjay, e mi sono detta che sarebbe stato magnifico vedere Goa, anche alla luce del mio progetto, essendo Goa una delle mete più richieste in India. Dopo viaggi di venti ore, le dieci ore di treno da Bangalore a Goa mi sembravano una passeggiata, e così ho deciso di prenotare i miei voli, appena prima di prendere il treno per Haridwar. E così ho prenotato il volo SpiceJet (più indiano di così si muore!) per il 23 novembre Delhi-Bangalore (non ci sono voli diretti da Varanasi, quindi mi conviene prendere il treno fino a Delhi e poi da là l’aereo), e il ritorno il 4 dicembre da Goa.


Comunque dicevo, appena finito di prenotare i miei voli, ho acchiappato il mio zainone e sono partita alla volta della stazione. Ero in ritardo e volevo prendere un autorikscio, ma ho trovato un rishowala che ha accettato il prezzo indiano senza batter ciglio e mi ha promesso che avrei fatto in tempo a prendere il mio treno. E così è stato, e gli ho dato addirittura 5 rupie di mancia (mi sono rovinata). Però non avevo avuto il tempo di comprare l’acqua in stazione, e comunque ero convinta che l’avrebbero venduta sul treno, così non mi sono preoccupata.  Sono salita su una carrozza a caso perché non trovavo la mia, e c’era un ragazzino che ha cercato di aiutarmi, oltre ad un uomo con la sua famiglia (non mi fido di uomini soli, qui!). 
Ho chiacchierato un po’ col ragazzino, e dopo un po’ di domande mi ha chiesto se fossi sposata. Io, come al solito ho


risposto di sì -e avevo anche i piedi rossi, proprio come le donne sposate- ma questo dopo due secondi mi ha chiesto se avessi un cellulare e se gli davo il numero. Al mio rifiuto sdegnato “No, ma che razza di domanda mi fai, ti ho appena detto che sono sposata!”, mi ha detto: “Eh sì, hai ragione, è corretto!”. E certo che è corretto, sei proprio un babbo, volevo dirgli. Tra l’altro avrà avuto 18 anni, ma si può? Dopo pochi minuti ha avuto la decenza di andarsene, per fortuna. A quel punto sulla carrozza eravamo rimasti solo io, un altro signore e la famiglia di prima. Abbiamo cominciato a parlare un po’ ma io ero assetata, e dopo due ore di viaggio stavo morendo di sete, visto che non veniva nessuno a vendere nulla. Per di più, dovevo anche prendere le pastiglie -ero stata dal dottore pochi giorni prima perché il mal di gola non mi passava e mi aveva diagnosticato faringite e tonsillite asettica (se si dice così), un bijou, insomma!- e dovevo mangiare la schiscetta preparata da Mangla, ma senza bere era da suicidio. Ad un certo punto ci siamo fermati ad una piccola stazione e il signore è scelto. È risalito dieci minuti dopo con una bottiglia d’acqua per me, che gentile, mi stavo quasi commuovendo! (strano eh, non mi succede mai, ahahah!)…



Dopo qualche ora -alcune delle quali passate restando completamente fermi tra villaggi sperduti- sono scesa insieme al signore con famiglia per cambiare vagone… E il nuovo vagone era pieno, rumoroso, incasinato… Come tutti i vagoni sleeper indiani, del resto. Avevo prenotato la cuccetta in alto, e mi ci sono fiondata… Ma era sporchissima, e non sono bastate quattro salviette bagnate per pulirla… Ma per farmi stare un po’ più tranquilla sì: se non altro profumava di culetto di bambino! :) Durante il viaggio ho visto una ragazza bionda che mi sembrava di aver già visto che mi sorrideva e mi salutava con la mano, così più tardi mi son fatta coraggio e sono andata a parlare con lei. Si chiama Stephanie e viaggiava con il suo ragazzo, Ian. Anche loro stavano andando ad Haridwar e neanche loro sapevano di preciso dove soggiornare, così ci siamo riproposti di cercare insieme un posto dove dormire.

Allora, lo so che non è una cosa particolarmente poetica da raccontare, ma fa anche questo parte del viaggio. E quindi lo scrivo. Venti ore di viaggio sono già di per sé pesanti e difficili, ma quando si ha il ciclo sono terribili. I cessi sono ovviamente uno schifo, e non ci sono appendini dove attaccare il sacchettino con tutto il nécessaire, la borsetta, la borsa-porta documenti, quindi bisogna improvvisarsi mozzi e inventarsi nodi per cercare di assicurare il tutto alla maniglia sperando che regga. La turca è igienica, ma senza degli appigli a cui aggrapparsi richiede un equilibrio e un'agilità degni di acrobati circensi. Eppoi, igienica quanto volete ma cascarci dentro non è proprio il massimo della vita! Oltretutto, riuscire a fare tutto e senza bagnarsi/sporcarsi/cadere/sbattere da qualche parte è davvero un’impresa da Tom Cruise in Mission Impossible, quindi io davvero proporrei a alle agenzie pubblicitarie che si occupano di sfoggiare le superqualità degli assorbenti mentre ragazzine spensierate fanno la ruota o vanno in paradute, o salgono sulle scale con i pantaloni bianchi “in quei giorni”… Prendete come prossima testimonial della Nuvenia o della Lines una turista occidentale in viaggio da sola in sleeper per 20 ore con il ciclo… È quella la vera sfida!!!
Le indiane, invece degli assorbenti, usano dei panni che lavano e poi riusano, un po’ come facevano le nostre mamme e, negli altri giorni, non usano le mutande.

Bene, dopo questo piccolo siparietto sponsorizzato da Lines India, ahahah, posso continuare a raccontare del mio viaggio, che in realtà è passato anche abbastanza in fretta, visto che ho dormito molto. Per cena ho mangiato un thali, ovvero il tipico pasto indiano: riso, daal (zuppa di legumi), verdure e chapati (pane non lievitato), anche se ho dovuto fare il giro di mezzo treno e farmi strada tra i vari accampati per terra per cercare l’omino del cibo per dirgli che mi aveva dato due daal e niente verdure. Tra l’altro, il thali è sì un pasto nutriente ed equilibrato, però, dopo un mese che mangi riso, daal, verdure, chapati e dahi (yogurt) vorresti solo un panino dal lurido con salamella, peperoni, cipolle e qualsiasi altra schifezza unta possibile e immaginabile, per poi poterlo digerire, con calma, dopo la pensione.
A proposito, papà, visto che me lo chiedevi: qui il sistema pensionistico dovrebbe esistere, ma in realtà sono i figli che mantengono i genitori, in particolare i figli maschi (ti va male, eh!).  Sono sempre le donne a spostarsi nella casa del marito e della sua famiglia, mentre al figlio maschio è affidato il compito di prendersi cura dei genitori e occuparsi del loro sostentamento, e officiare i riti funebri una volta che i genitori sono morti. È anche e soprattutto per questo motivo che le figlie femmine -che invece hanno bisogno della dote per sposarsi, e per di più abbandoneranno definitivamente la casa paterna- non sono sempre ben volute, e viene spesso praticato l’aborto selettivo, sebbene sia vietato dalla legge.

Continuo ad aprire parentesi e poi non so più cosa stavo dicendo, ma vabbè, dai, in fondo faccio sempre così, anche quando parlo!
Il viaggio comunque è proseguito tranquillamente, e, malgrado un paio d’ore di ritardo, siamo finalmente arrivati ad Haridwar. Ciò che pare strano è che in Italia la gente sarebbe impazzita per due ore di ritardo, io per prima avrei sclerato. In India no: gli indiani accettano questi ritardi con rassegnazione, ormai non ci fanno neanche più caso. Prendono il treno sapendo a che ora partono ma boh, chissà quando arriveranno. Di certo, nessun indiano sul mio treno era pendolare, il che cambia tutto, certo, ma mi pare che Trenitalia e Indian Railways si assomiglino fin troppo, ahinoi.
Arrivati ad Haridwar siamo stati accolti da una leggera brezza mattutina e dall’ufficio turistico chiuso, sebbene l’insegna dicesse il contrario. Siamo riusciti a prendere un risciò per 30 rupie in tre, compresi gli zaini, impegnandoci in un gioco d’incastri davvero pregevole. Quando siamo giunti nella zona più turistica ci siamo fermati per la colazione e poi abbiamo lasciato Ian con i nostri zaini in un baretto e io e Steffi siamo partite alla ricerca di una guest house a prezzi decenti. Quando ormai non ci speravamo più, ho avvistato una scritta in hindi e ci siamo avventurate in quel lodge. I prezzi erano buoni e la terrazza dava proprio sulla Ganga, che, però, era in secca, cosa ben strana considerando la stagione!

Dopo esserci installati nella nostra camera -mi avevano gentilmente offerto di stare in camera con loro per pagare meno- siamo andati a visitare la città brulicante di pellegrini, mentre i turisti stranieri si contavano sulle dita di una mano. Haridwar è la città sacra a Vishnu, che si dice abbia versato l’amrit, il nettare dell’immortalità, e vi abbia poi impresso la propria orma del piede. E, manco a dirlo, c’è un tempio, chiamato Har ki pauri (l’orma di Dio) eretto in quel punto, che viene visitato ogni giorno da migliaia di pellegrini hindu che si bagnano nella Ganga per espiare i propri peccati. Anche noi, da bravi pellegrini, ci siamo tolti le scarpe e abbiamo cercato di percorrere l’asfalto bollente fino a un posto all’ombra, dove abbiamo potuto ammirare le aquile reali in volo.
Nel pomeriggio siamo saliti sulla funivia fino al Mansa Devi mandir, un tempio costruito in mezzo ai monti, da cui si godeva una vista mozzafiato sulla vallata… dopo tanto tempo a Varanasi non mi sembrava vero di essere in mezzo alla natura!
Io e Steffi siamo tornate a valle a piedi, mentre ogni tre per due venivamo fermate da indiani che volevano fare la foto con loro, e ci mettevano i loro pargoli in braccio, o le loro mogli a fianco…
La sera siamo andati a mangiare qualcosa, e abbiamo anche cercato di recuperare delle birre ma è stato impossibile, uff.




La mattina seguente mi sono svegliata alle 7 e mi sono messa in terrazza a finire di copiare le domande per le interviste, visto che avevo deciso che quel giorno avrei cominciato. Ovviamente mentre scrivevo ogni tanto qualcuno si avvicinava e mi chiedeva stupito “Oh, ma questo è hindi!!! Dove l’hai imparato? Aaaaah, Italia!!! Sonia Gandhi!!! Come ti chiami? Sonia???? Noooo, non è possibile, come la nostra Sonia Gandhi!!!” e via dicendo.
Comunque, quel giorno ho cominciato a fare le interviste, chiedendo informazioni sul turismo, su come loro vedessero i turisti, su come questi ultimi si comportano… E dovevate vederli, questi indiani, come sono tutti contenti nel rispondere alle mie domande, facendosi registrare col mio registratorino super profescional; trovano incredibile che qualcuno s’interessi a ciò che pensano, a cui possono addirittura rispondere in hindi.
Sono stata, tra l’altro, in un dharamsala (una sorta di ‘casa del pellegrino’), e il manager era così gentile e calmo… La figlia mi ha portato a visitare il resto del dharamsala e il tempietto, asserendo che quello era il dharamsala più bello e più antico di Haridwar (mah!).
Quindi il mio ultimo giorno ad Haridwar è trascorso per lo più facendo interviste in giro, e abbiamo poi deciso di partire alla volta di Rishikesh alle 5 di pomeriggio, visto e considerato che Haridwar non ci era piaciuta così tanto, visto che è molto caotica e non c'è granché da vedere, oltre ai templi abbarbicati sull'Himalaya...
Alla prossima, con le mie rocambolesche avventure a Rishikesh!



Baciugi,
Sò!




2 commenti:

cera ha detto...

ciao sò, sono contento di avr letto il tuo diario di bordo . Infatti sembra proprio il dirio di bordo di uno che lavora anzi vive sui treni , perchè con i tuoi viaggi da 10 o 20 ore secondo me hai viaggiato piu tu che io in cinque anni di pendolare da bussi a pratola peligna e chieti dove ho fatto i cinque anni di scuole superiori. anche li c'erano quelli che aprivano i panini e si sentivano i profumi di frittate e pomodori di vera campagna.vedi sono contento perchè mi piace il tuo raccontare di persone che ti accompagnano , che chiaccherano con te, che riescono a farti commuovere perchè scendono per comprarti una bottiglia d'acqua. Se ho capito bene dovresti partire per Bangalore il 23 novembre . ma poi quando torni a Varanasi e come fai con il rinnovo del visto . dovresti andare in Nepal per il passaporto , è così? . Se vuoi rispondimi via mail . un bacione papa

Vale ha detto...

Ciao So!
come stai? è una vita che non ci sentiamo, ma da quello che leggo, sicuramente stai *da Dio*. Il venerdi' è lunga in ufficio, navigando su fb mi sono imbattuta nel tuo profilo, ho detto "chissà cosa cavolo sta combinando in India".... poi ho visto il link del tuo "diario online" e non ho resistito.
Ho cominciato a leggere le prime 3 righe....
So, ci credi che ho saltato la pausa pranzo (sacrilegio!!!!!!!!!) perchè mi sono persa nelle tue emozioni-sensazioni-colori-sapori? Non ho staccato gli occhi un secondo dai tuoi racconti, comicniando appunto dall'alto e andando a ritroso - la cosa nn è moltor logica ma ero talmente presa e entusiasta che mi divoravo le tue parole, senza neanche pensare di andare al fondo della pagina per cominciarein effetti dall'inizio!
Volevo semplicemente dirti che mi hai fatto venire la pelle d'oca con le tue parole, con le sensazioni del tuo viaggio incredibileche mi hai trasmesso. Mi hai fatto cosi' emozionare....
Ti auguro di continuare cosi, a cercare, a scoprire, emzionarti, e di non dimenticarti mai di raccontarci tutto perche la tua scrittura cosi spontaea e naturale ha dell'incredibile. Se fossi li' con te non vedrei bene quanto vedo tramite le tue parole.

Ti abbraccio,

Vale