domenica 7 dicembre 2008

5 novembre

Oggi è stata una giornata molto intensa. Molto.
Stamane ci siamo svegliate presto per prendere la barchetta e osservare dalla Ganga lo spettacolo della Chhat puja. I ghat erano di nuovo affollatissimi, e faceva freschino. Freschino per gli standard di qui, eh, ciò significa che alle 6 di mattina del 5 novembre ho dovuto indossare la felpina.
Mentre il nostro Caronte viaggiava alla velocità di crociera di un chilometro all’ora, praticamente ad un metro dalla riva, noi ammiravamo le donne avvolte nelle loro sari variopinte, immerse nella Ganga con le loro prasaad (offerte)
Ed era tutto così magico e suggestivo, affascinante, poetico ed irreale, dai contorni sfocati come in un sogno, dove le macchie indistinte di colore si mescolavano ai volti ben delineati, assorti, ai sorrisi, ai brividi di freddo, alle preghiere, ai silenzi, ai canti e alle chiacchiere. E, dalla parte opposta, il sole che si levava dalle acque della Ganga: pennellate di rosso, rosa, giallo e arancione in tutte le loro sfumature Davvero emozionante.
Una volta scese dal nostro panfilo e aver discusso sul prezzo (come al solito), Mangla ci ha appioppato Soni, sentenziando che ormai era troppo tardi per andare a scuola, e quindi avremmo dovuto portarla a far colazione con noi. E pagare per lei, ça va sans dire. Evidentemente, non era sufficiente aver pagato 100 rupie (e all’inizio erano 200, ma io mi sono opposta categoricamente) per aver fatto da taxi a Mangla e Soni che dovevano recuperare Puja (per questo motivo la barca andava così piano e a pochi metri dalla riva), quando noi avremmo voluto andare dalla parte opposta.

Ad ogni modo, dopo una sostanziosa colazione alla German Bakery, siamo andate all’appuntamento con Anna, direttrice dell’ONG Action Benares (
http://www.actionbenares.org). Dopo aver bevuto un chai insieme, abbiamo accompagnato Anna e gli altri ragazzi, tutti vestiti rigorosamente di bianco, sul ghat principale, mentre un corteo di ragazzine curiose ci seguiva. Spesso le persone vanno a morire sui ghat, e Action Benares si occupa, tra le altre cose, di medicare queste persone malate, offre loro assistenza andando direttamente da loro. Le piaghe dei lebbrosi venivano amorevolmente disinfettate, medicate e bendate. Chi si rivolgeva agli infermieri vestiti di bianco riceveva innanzitutto un sorriso e una parola di conforto, così importanti per chi è un intoccabile, considerato dunque un reietto della società, e poi antibiotici, bende pulite, assistenza medica.
Ci siamo poi spostati all’ospedale, dove Action Benares si occupa di offrire assistenza nel reparto “grandi ustionati” ed ortopedia. Fuori dal reparto “grandi ustionati” giacevano bambini completamente neri, coperti solo da una garza di cotone, che si lamentavano e piangevano. E questo era solo l’inizio. Abbiamo visto decine di persone completamente ustionate, in particolare donne. Ci hanno spiegato che per alcune di loro è stato un incidente, ma che sempre più spesso si tratta di tentativi di suicidio per sfuggire ad una vita di stenti e disperazione. Oppure, sono le suocere che danno loro fuoco - o fanno ingurgitare loro acido -per poter permettere al figlio di risposarsi ed avere un’altra dote. Queste situazioni sono inconcepibili per noi, ma devono essere poste nel contesto indiano, in cui la donna, di proprietà del padre, è presto costretta a sposarsi ad un uomo che non conosce, e a trasferirsi nella sua casa. Diventa così proprietà del suo sposo e della sua famiglia, e molto spesso vittima di soprusi, violenza e vessazioni.
Quegli occhi neri, così vibranti di disperazione e dolore, e quelle carni bruciate, il pianto di un bambino senza pelle, mi resteranno nella mente, negli occhi, nelle orecchie per sempre. E non riesco a scriverne senza piangere. Ma stamattina dovevo trattenere il magone, e sorridere, mentre entravo e uscivo da quelle stanze spoglie, sconvolta da tanta sofferenza. E non era un sorriso falso, ma un sorriso di speranza, di incoraggiamento, di vita. Così come ci raccontava Anna, che, di fronte a tanto dolore, la sua reazione era ridere e far ridere. Il sorriso è l’unica arma che avevo in quel momento, l’unica forza che potevo trasmettere. Ma erano loro a dare forza a me, quando vedevo le loro labbra incurvarsi in un sorriso, e i loro occhi brillare per un istante.
Queste persone, che in Italia si troverebbero in terapia intensiva, stanno invece in un ospedale fatiscente, senza la benché minima assistenza medica (se non quella offerta, appunto, da Action Benares). Di fatto, l’assistenza viene offerta solo a coloro che possono permettersi di allungare una mazzetta al medico. E, a questo punto, conviene pagare una clinica privata.
Dopo siamo andate al reparto ortopedia, una grande camerata dove si trovavano uomini, donne e bambini, con i muri scrostati e le tubature rotte. I ragazzi di Action Benares si sono seduti al capezzale di una ragazzina che piangeva e si lamentava, nel delirio della febbre. Anna ci aveva avvertito che avremmo sentito puzza. Ma quando hanno cominciato a toglierle il sacchetto di plastica che le avvolgeva il piede, e a toglierle le bende… Un odore di morte, di carne putrefatta pervadeva l’aria, perforava le nostre narici, mentre le grida strazianti di quella bambina che chiamava la sua mamma dilaniavano il cuore e le orecchie, malgrado fossimo uscite dalla stanza.
Avevo ormai raggiunto il limite, la mia soglia di sopportazione della sofferenza altrui. Ma ormai la nostra visita all’ospedale era finita. Di ritorno a casa, Anna si è detta stupita della nostra capacità di sopportare tanto dolore, visto che in genere le persone scoppiano in pianti ininterrotti o addirittura vengono prese da malore, di fronte a quelle realtà.
E io mi chiedo come facciano loro, a confrontarsi ogni giorno con il dolore, con la frustrazione e il senso d’impotenza, la rabbia verso un sistema corrotto e perverso che non ha nessun rispetto per la persona, per la sua dignità, per la sua sofferenza.
Ma ora il mio mal di testa è diventato lancinante - perché io non somatizzo mai! - è ora di andare a letto. È circa una settimana e mezza che ogni giorno mi sveglio con qualcosa di diverso: mal di testa, debolezza, raffreddore, diarrea. Ogni giorno è una sorpresa. Ma sono sempre più convinta che si tratti di malessere psicosomatico. E sono sicura, ma sicura al 100 per cento, che dopo aver visto la sofferenza, quella vera, da domani starò bene.



Buonanotte,

sabato 6 dicembre 2008

4 novembre

Ieri non è successo niente di particolarmente rilevante, a parte il fatto che sono entrata in un negozio al cui ingresso c’erano dei manichini che salutavano portando su e giù le mani congiunte (è il gesto cosiddetto della “brocca”, che rappresenta l’offerta dell’acqua, bene prezioso e purificatore),

http://in.youtube.com/watch?v=62l6ekXbwmM

e davano il benvenuto a clienti che si trovavano di fronte un bel bue cosiddetto Brahma (grazie papi per avermi tolto questo dubbio esistenziale: continuavo a vedere in giro queste “muccone” beige con le corna e la gobba e cominciavo a pensare che si trattasse di un incrocio tra un toro e un dromedario!). Se ne stava comodamente spaparanzato (o svaccato, per restare in tema)per terra nel bel mezzo del negozio, proprio di fronte al tempietto allestito in onore di Shiva, come un cliente qualsiasi.
Stasera al tramonto e domattina all’alba si celebra la Chhat puja, una puja particolare che fanno le donne e offrendo frutta e dolci. Domattina, poi, si immergeranno fino alla vita nel Gange, o meglio: nella Gangaji (letteralmente “la signora Ganga”), e offriranno altre prasaad, e poi, finalmente, potranno mangiare. Eh sì, perché la cosa più crudele è che queste povere donne non possono mangiare né bere per un giorno e una notte. Vorrei proprio vedere se tra gli uomini riscuoterebbe tanto successo! Ché poi c’è Raju che continua a raccomandarmi di fare un giorno di digiuno, di modo che il mio stomaco si sistemi e io mi riprenda alla grande, visto che è da un po’ che ogni giorno ne ho una: debolezza, o mal di testa, o squaraus o qualsiasi altra cosa. Mi pare assolutamente inutile specificare che non ho alcuna intenzione di seguire i suoi consigli.
Ma ora vado a nanna, domattina si va a vedere l’alba dalla barca, con Mangla e Soni.
Buonanotte,
Sò!

3 novembre




Oggi la Michy ha preparato gli gnocchi! Quelli che non abbiamo buttato via erano buoni, sebbene ci fossero troppa farina (quella sbagliata, per di più!) e uova… Siamo comunque riuscite a far credere alla Michy che io, Cri e Pasto abbiamo avuto il cagotto proprio per colpa dei suoi gnocchi… Cosa non vera, per fortuna!
Pasto ha deciso di farci assaggiare il cappuccino dell’IP Mall, un centro commerciale grandissimo. Ma il risciò dove eravamo io e la Michy aveva un piccolo, insignificante problema: la catena non stava su, per cui abbiamo impiegato un’oretta buona per arrivarci. Per fortuna ne è valsa la pena: il cappuccino era proprio come quello di casa!
Poi ci ha raggiunto Vargha, l’amico monosopracciglio amico di Pasto, che ci ha dato un passaggio in macchina per accompagnare la nostra guida alla stazione. Durante il viaggio abbiamo potuto godere delle gioie dell’aria condizionata al massimo (che freddoooo!) e della musica truzza a palla (certi remix che non potete neanche immaginare… beati voi!) direttamente dietro le nostre orecchie.
Dopo esserci salutati, Pasto è salito -malvolentieri- sul suo treno alla volta di Delhi, e così Vargha ci ha accompagnate fin quasi a casa, mentre ci raccontava della sua religione: bahai, http://www.bahai.it/

una religione nata in Iran quasi due secoli fa, in cui confluiscono gli insegnamenti delle varie religioni, dei vari profeti e messia. Si tratta ovviamente di una dottrina che non è molto apprezzata in Iran, anzi: molti sono stati perseguitati, e forse lo sono ancora. Io non ne avevo mai sentito parlare, ed è stato interessante ascoltare la sua spiegazione.
Ora però, la Cri, la Michy, e persino Mangla, tentano in tutti i modi di appiopparmelo!!! Mangla mi reputa fortunata perché sono figlia unica, e in questo modo i miei genitori potranno prepararmi una cospicua dote, grazie alla quale potrò sposare un uomo ricco e bello. E per quanto riguarda Vargha, sul ricco ci siamo, eccome! È sulla bellezza che proprio non c’è niente da fare!!! Ovviamente mi prendono in giro e scherzano -Mangla non del tutto- del resto, il fatto che io sia estremamente delicata e il fatto che io sia perennemente in ritardo probabilmente non sono sufficienti!
Comunque la mancanza di Pasto si sente, e stasera eravamo un po’ abbacchiate.
Buonanotte,
Sò!

martedì 2 dicembre 2008

2 novembre

Ieri sera siamo andati a un’altra festa di N, che a suo dire doveva essere migliore dell’altra. In realtà era una palla anche questa, anche se ho potuto ballare un po’ di ska, e soprattutto ammirare lo spettacolo di lui che ballava (come) in estasi. Il posto era bello, una terrazza sulla Ganga. Il problema è sorto al ritorno, visto che è andata via la luce (tanto per cambiare) e abbiamo dovuto camminare per strade buie.... Eravamo terrorizzati, e ad ogni minimo rumore ci voltavamo spaventati. Le nostre torce non illuminavano che a un metro e mezzo davanti a noi… arrivati finalmente all’Assi ghat, abbiamo svegliato due risciòvala e li abbiamo guidati con le nostre torce elettriche... Per fortuna che c'era Pasto con noi!


A domani,

Sò!

31 ottobre

Finalmente un ritorno alla natura! Pasto ieri ci ha portato nella sua vecchia scuola, la Krishnamurti Foundation, dove siamo arrivate dopo un’ora e mezza in barca, da cui abbiamo potuto ammirare un incantevole tramonto. Mentre “veleggiavamo” verso la nostra meta Pasto ci raccontava le sue avventure in giro per il mondo e scorrevano -finalmente- le campagne, i villaggi, gli animali al pascolo, la fognatura romana.




La Krishnamurti Foundation
(
http://www.kfionline.org)
è stata creata nel 1926 da Jiddu Krishamurti, filantropo di fama mondiale, il cui amore per la natura umana ha trovato la sua naturale espressione nella creazione di scuole, che non si occupano solo dell’aspetto meramente accademico, ma tengono in grande considerazione l’importanza fondamentale del porre e porsi domande. Questo è sicuramente un aspetto anomalo nel panorama scolastico indiano, caratterizzato da una fortissima competizione e
una devozione incondizionata nei confronti dell’insegnante, a cui non è possibile porre domande.

Dopo un’oretta buona che camminavamo, mi ha chiamato la nonna, quindi ci siamo seduti per terra, ma non sapevamo che ci aspettava una sorpresa… Probabilmente non era solo terra ma anche un qualche raduno di zanzare assetate di sangue, che hanno bellamente perforato i nostri pantaloni leggeri per conficcarsi nelle chiappe chiare mie e della Michy, mentre la Cri e Pasto se la ridevano!



In seguito abbiamo in
contrato un ex professore del nostro accompagnatore con degli italiani, e ci hanno proposto di assistere ad un dibattito. Dopo lunghe discussioni e un’attenta riflessione, siamo giunte alla conclusione che niente era tanto importante, necessario, addirittura vitale come della carne rossa superpiccante al quartiere musulmano.

Così siamo ritornati nel caos cittadino in tanga… Sì sì, abbiamo percorso tutta Varanasi in tanga, io, Michy, Cri e Pasto!!! Qui non capita certo spesso, ma ogni tanto si vedono gruppetti di gente che va in giro in tanga… Vabbè, dai, vi svelo l’arcano: il tanga è la carrozza, trainata, come nelle migliori favole, da un cavallo. Ma più che da una zucca, la nostra carrozza probabilmente proveniva da una rapa marcia, visto che era piuttosto malandata.


Ma è stato divertente, e abbiamo visto una zona di Varanasi che non conoscevamo, e dove i turisti non vanno. I nostri cocchieri ci hanno lasciato al quartiere musulmano, dove è cominciata la ricerca del “carnerossavala”, ma non ha dato i risultati sperati, per cui abbiamo dovuto “ripiegare” su pollo e riso messi in una borsa di plastica (la tipica schiscetta indiana!) e un egg chicken roll, ovvero un involtino di piadina, uovo, pollo e verdure (una sorta di kebab). Il tutto abbastanza piccante ma molto, molto buono.

Speriamo che non mi si riproponga stanotte!


Shubh ratri, buona notte a voi,

Sò!