Ebbene sì. Ne parlerò anch'io. Presenterò l'umilissimo punto di vista di una (pseudo)indologa logorroica e grafomane sulla questione dello stupro della ragazza a New Delhi e dei risvolti della vicenda.
In primis vorrei farvi notare come dell'India si parli solo per puntare il dito, per schifare quei trogloditi, per potercela menare che NOI SIAMO MEGLIO.
E ultimamente, tra quei due scoppiati sequestrati dai tribali (ne parlo qui: Degli italiani in India: post semiserio su Marò, scoppiati, filantropi, no-tav tribali e black bloc maoisti ), i due Marò e ora gli stupri, ecco che finalmente abbiamo trovato qualcosa su cui sparlare, visto che la libertà di informazione la vogliamo solo quando fa comodo ai media e alla nostra classe politica.
Con ciò non voglio minimizzare la questione indiana, tutt'altro; ma come al solito si fa prima a criticare gli altri che a risolvere i problemi interni.
La vicenda dello stupro -sfociato in omicidio- della ventitreenne di Delhi ha avuto enorme risonanza in India e anche in Italia dove, è noto, si è dovuto provvedere a dare un nome al reato di "femminicidio" per poter finalmente creare una legge ad hoc.
Ora, anche la legge sullo stupro che dovrebbe essere in fase di preparazione in India dovrebbe prendere il nome della giovane vittima, il cui nome è tuttora ignoto.
Innanzitutto chiariamo una cosa: lo stupro è un reato assai diffuso in India, e le statistiche dell'ONU NON SONO ATTENDIBILI. Perché il tasso dell'1.8% su 100000 donne non vuol dire niente. Quei 22.172 stupri denunciati nel 2010 su una popolazione -perlopiù maschile, e non è difficile immaginare il perché- di un miliardo e passa di persone sono pochi, pochissimi, un nonnulla rispetto alle donne che effettivamente sono state vittime di violenza sessuale.
E quel"22.172", di fatto, risulta tanto campato per aria quanto potrei azzardare io moltiplicando quel numero per 5, 10, 100.
La donna che denuncia una violenza carnale si espone di fronte ad una polizia corrotta, che potrebbe non crederle, insultarla, darle della puttana e addirittura violentarla di nuovo. La donna che denuncia si espone al giudizio della gente che dice che se l'è cercata... Oddio, questa l'ho già letta da qualche parte... Aspetta aspetta... Ah, sì, salutiamo tutti don Corsi da Lerici, sacerdote cristiano dell'avanzatissima Italia.
La donna che denuncia, se è ancora nubile rischia di non trovare mai un marito, di rimanere una zavorra per la famiglia (sempre se se la ripigliano in casa, ché sai che vergogna avere una figlia del genere!); se è sposata verrà lasciata dal marito e abbandonata a se stessa, forse sarà obbligata a prostituirsi, forse si suiciderà.
Al che, la donna indiana che non si può permettere un avvocato, non si può permettere di farsi i cazzi suoi e di andarsene fuori dalle balle, dove non la conosce nessuno, diciamo "la donna indiana media" si trova costretta a rinunciare alla denuncia. Non importa quanto fa male, non importa se continuerà a vedere il suo aguzzino -o i suoi aguzzini- ogni giorno, non importa se continuerà a sentirsi più colpevole che vittima. Non denuncerà gli abusi.
Perché non stiamo parlando di reputazione, qui: parliamo di SOPRAVVIVENZA.
Non è un caso che il nome della ragazza di Delhi ancora non sia stato rivelato ai media. E c'hai voglia a dire che questa potrebbe chiamarsi Sita, Puja o Pincopalla, lei è tutta l'India, lei è tutte le donne indiane. Sì, ma intanto lei è Lei, con un nome e una storia. Ma il fatto che il nome non possa essere rivelato è solo una forma di protezione per la donna molestata, perché, come ho già detto, "se la gente sapesse" se la passerebbe molto male.
È noto che la situazione femminile in India non è delle più rosee. Se vogliamo qualche dato, l'aborto è stato legalizzato nel 72 in India. In Italia nel 75; nello stesso anno, in India, è stata effettuata la prima amniocentesi, test che serve per individuare eventuali malformazioni del feto ma per molti indiani, ahimè, il fatto che il feto presentasse una vagina era già una ragione più che sufficiente per abortire. Tant'è che nel 1994 è stata emanata una legge che vieta gli esami che determinano il sesso del nascituro -quindi anche l'amniocentesi- e rende illegale l'aborto selettivo, che viene però tuttora praticato da medici compiacenti, in cambio di denaro.
Ne consegue che le famiglie benestanti possono permettersi di scegliere se avere una figlia o meno, mentre le famiglie "normali" no. Resta il fatto che l'India è uno dei pochi Paesi in cui i maschi sono la maggioranza.
Avere una figlia femmina in una famiglia media in India spesso significa doverla mantenere, doverle preparare una cospicua dote ché se no chi vuoi che se la pigli?, e poi lasciarla andare, spesso a casa del marito con i suoceri. Mentre il figlio maschio è un po' la "pensione" in versione indiana: colui che riceve la dote, si piglia la sposa e la fa venire in casa sua a fare da cuoca, da domestica e da concubina, nonché da badante ai genitori di lui, e quando moriranno, si occuperà di celebrare la puja, la preghiera rituale. Insomma, la figlia femmina è una botta di sfiga che in molti non possono permettersi.
Figuriamoci se poi questa si dovesse mettere a far casino per una "palpatina", ché come minimo è colpa sua perché è andata troppo tardi al bazaar o perché aveva la choli (il corpetto che si indossa sotto la sari) troppo scollata.
Quando parlo della mia esperienza in India non posso esimermi dal raccontare di come gli uomini spesso passassero da una parte all'altra della strada per sfiorarmi le tette con un gomito, o il culo. E all'inizio non capivo neanche perché la gente mi urtasse continuamente anche se non c'era folla, che tenera.
Una volta, in un vicolo affollatissimo avevo ricevuto un'energica palpata di chiappa, ed ero andata dalla polizia che stava proprio lì, giusto per vedere cosa mi rispondevano. La loro risposta è stata "YOU MUST CALL THE POLICE". Devi chiamare la polizia, come se loro fossero vestiti così per carnevale.
Un'altra volta, sempre nello stesso vicolo, la scena della palpata si è ripetuta. Ma stavolta c'era poca gente e non era difficile individuare il colpevole. L'ho rincorso (credo di non aver mai corso così tanto in vita mia!) e gli ho sferrato un cazzotto nella schiena, sconvolgendolo e intimandogli di non azzardarsi mai più a fare una cosa simile. Certo è stato un gesto dettato dall'impulso, in Italia non l'avrei mai fatto, perché probabilmente dopo la palpata mi sarebbero toccate delle botte da orbi, più varie ed eventuali a cui non voglio neanche pensare.
Da come l'ho visto shockato, è probabile che questo indiano manomorta non ripeta più un gesto del genere. Forse è tutta una questione di ignoranza, perché l'uomo alfa indiano non sa come trattare una donna, e boh, se la piglia e la fracassa di botte se lei non sta zitta e buona a subire. No, aspetta. Non è solo questione di ignoranza, è anche una propensione alla violenza, è una totale mancanza di rispetto nei confronti della donna (ehi, maschio! Ricordati che sei nato da una donna!), e un senso di impunità fin troppo diffuso.
La vicenda della ragazza di Delhi non è certo la prima, purtroppo, ma a quanto pare è stata la prima che, per la sua efferratezza
e per il suo triste epilogo, ha scosso l'opinione pubblica. Perché troppe donne in India hanno subito molestie più o meno esplicite solo perché "colpevoli" di prendere un autobus dopo il tramonto (e non parliamo del fatto che spesso le pensiline sono poco o per niente illuminate, o addirittura non esistono!), o per questo o quell'altro motivo. Ma nessuna giustificazione per i molestatori. Soprattutto nessuna colpa da parte della vittima.
L'India sta cambiando, e con essa anche le sue donne si stanno emancipando: lavorano, escono, si divertono. E vogliono rivendicare il diritto a poter svolgere queste attività normali in piena sicurezza, e in piena libertà.
Il governo sta pensando alla castrazione (più o meno) chimica per coloro che si macchiano del reato di violenza carnale.
Per evitare episodi di questo tipo bisognerebbe cominciare nelle famiglie, nelle scuole: magari qualche corso di autodifesa femminile... La verità è che non sono solo gli uomini che devono imparare a rispettare le donne, ma le donne stesse devono essere messe in condizioni di farsi rispettare e di potersi difendere senza vergogna, se necessario.
La verità è che basterebbe che la polizia indiana svolgesse onestamente e correttamente il proprio lavoro: se la ragazza fosse stata soccorsa subito -senza bisogno che il suo amico, devastato dalle botte e dallo shock, la caricasse a forza nell'auto della polizia- se, invece che in un lontano e scrausissimo ospedale pubblico, la polizia l'avesse portata in una clinica privata, forse -FORSE- si sarebbe potuta salvare.
In questi giorni mi è tornata in mente una "pubblicità progresso" credo del 2009, che rappresenta Draupadi, la celeberrima eroina del Mahabharata, ovvero "la grande storia di Bharata" (da cui deriva Bharat, il nome ufficiale dell'India), il poema epico-storico-religioso più imponente che sia mai stato composto, un'enciclopedia di tutto il sapere indiano, che racconta (tra le millemila altre vicende ed appendici) la battaglia di Kurukshetra, combattuta tra la stirpe solare, i Pandava e i cugini appartenenti alla stirpe lunare, quella dei Kaurava, che determinerà le sorti dell'India e dell'universo tutto.
Ecco, Draupadi è la madre dei Pandava, un'eroina ben diversa da quelle presentate nei testi indiani: è volitiva, forte; una grande, insomma. Ecco, Draupadi sarebbe stato un altro possibile nome per la mia futura figlia (in un futuro moooolto lontano), se non fosse così cacofonico.
Grazie ad una partita truccata a dadi i Kaurava vincono il regno, e, già che ci sono, decidono di prendersela con l'unica donna presente: Draupadi, appunto. Uno dei bruti comincia ad umiliarla, la strattona, le strappa le vesti. O, almeno, ci prova, perché Dio vede e provvede, e Krishna protegge la sua devota da quei bruti (e non è per rovinarvi il finale, ma continuerà ad aiutare i Pandava e sarà, letteralmente, EPIC WIN per loro). La sari di Draupadi, grazie all'intervento divino, continua ad allungarsi all'infinito, finché il malintenzionato è costretto a rinunciare, sommerso dai metri di stoffa.
...E va bene che non bisogna mai metter limiti alla Provvidenza, ma forse è meglio seguire il consiglio di questo manifesto:
...Nella speranza che quest'orribile vicenda serva, e che il governo emani e si impegni a far rispettare una legge che finalmente punisca gli stupratori e tuteli le vittime, ed ogni singola donna.
E con questo è tutto, spero di non avervi annoiato troppo e di tornare (più o meno) presto a scrivere di argomenti più leggeri e frivoli.
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Update del 9.01.2013: il padre della ragazza ha reso pubblico il nome: Jyoti Singh. Ora che il mondo sa il suo nome, lei vivrà per sempre, ha dichiarato il padre.(scusate, ma sapete che io sono SEMPRE in ritardo, eh!)
In primis vorrei farvi notare come dell'India si parli solo per puntare il dito, per schifare quei trogloditi, per potercela menare che NOI SIAMO MEGLIO.
E ultimamente, tra quei due scoppiati sequestrati dai tribali (ne parlo qui: Degli italiani in India: post semiserio su Marò, scoppiati, filantropi, no-tav tribali e black bloc maoisti ), i due Marò e ora gli stupri, ecco che finalmente abbiamo trovato qualcosa su cui sparlare, visto che la libertà di informazione la vogliamo solo quando fa comodo ai media e alla nostra classe politica.
Con ciò non voglio minimizzare la questione indiana, tutt'altro; ma come al solito si fa prima a criticare gli altri che a risolvere i problemi interni.
La vicenda dello stupro -sfociato in omicidio- della ventitreenne di Delhi ha avuto enorme risonanza in India e anche in Italia dove, è noto, si è dovuto provvedere a dare un nome al reato di "femminicidio" per poter finalmente creare una legge ad hoc.
Ora, anche la legge sullo stupro che dovrebbe essere in fase di preparazione in India dovrebbe prendere il nome della giovane vittima, il cui nome è tuttora ignoto.
Innanzitutto chiariamo una cosa: lo stupro è un reato assai diffuso in India, e le statistiche dell'ONU NON SONO ATTENDIBILI. Perché il tasso dell'1.8% su 100000 donne non vuol dire niente. Quei 22.172 stupri denunciati nel 2010 su una popolazione -perlopiù maschile, e non è difficile immaginare il perché- di un miliardo e passa di persone sono pochi, pochissimi, un nonnulla rispetto alle donne che effettivamente sono state vittime di violenza sessuale.
E quel"22.172", di fatto, risulta tanto campato per aria quanto potrei azzardare io moltiplicando quel numero per 5, 10, 100.
La donna che denuncia una violenza carnale si espone di fronte ad una polizia corrotta, che potrebbe non crederle, insultarla, darle della puttana e addirittura violentarla di nuovo. La donna che denuncia si espone al giudizio della gente che dice che se l'è cercata... Oddio, questa l'ho già letta da qualche parte... Aspetta aspetta... Ah, sì, salutiamo tutti don Corsi da Lerici, sacerdote cristiano dell'avanzatissima Italia.
La donna che denuncia, se è ancora nubile rischia di non trovare mai un marito, di rimanere una zavorra per la famiglia (sempre se se la ripigliano in casa, ché sai che vergogna avere una figlia del genere!); se è sposata verrà lasciata dal marito e abbandonata a se stessa, forse sarà obbligata a prostituirsi, forse si suiciderà.
Al che, la donna indiana che non si può permettere un avvocato, non si può permettere di farsi i cazzi suoi e di andarsene fuori dalle balle, dove non la conosce nessuno, diciamo "la donna indiana media" si trova costretta a rinunciare alla denuncia. Non importa quanto fa male, non importa se continuerà a vedere il suo aguzzino -o i suoi aguzzini- ogni giorno, non importa se continuerà a sentirsi più colpevole che vittima. Non denuncerà gli abusi.
Perché non stiamo parlando di reputazione, qui: parliamo di SOPRAVVIVENZA.
Non è un caso che il nome della ragazza di Delhi ancora non sia stato rivelato ai media. E c'hai voglia a dire che questa potrebbe chiamarsi Sita, Puja o Pincopalla, lei è tutta l'India, lei è tutte le donne indiane. Sì, ma intanto lei è Lei, con un nome e una storia. Ma il fatto che il nome non possa essere rivelato è solo una forma di protezione per la donna molestata, perché, come ho già detto, "se la gente sapesse" se la passerebbe molto male.
È noto che la situazione femminile in India non è delle più rosee. Se vogliamo qualche dato, l'aborto è stato legalizzato nel 72 in India. In Italia nel 75; nello stesso anno, in India, è stata effettuata la prima amniocentesi, test che serve per individuare eventuali malformazioni del feto ma per molti indiani, ahimè, il fatto che il feto presentasse una vagina era già una ragione più che sufficiente per abortire. Tant'è che nel 1994 è stata emanata una legge che vieta gli esami che determinano il sesso del nascituro -quindi anche l'amniocentesi- e rende illegale l'aborto selettivo, che viene però tuttora praticato da medici compiacenti, in cambio di denaro.
Ne consegue che le famiglie benestanti possono permettersi di scegliere se avere una figlia o meno, mentre le famiglie "normali" no. Resta il fatto che l'India è uno dei pochi Paesi in cui i maschi sono la maggioranza.
Avere una figlia femmina in una famiglia media in India spesso significa doverla mantenere, doverle preparare una cospicua dote ché se no chi vuoi che se la pigli?, e poi lasciarla andare, spesso a casa del marito con i suoceri. Mentre il figlio maschio è un po' la "pensione" in versione indiana: colui che riceve la dote, si piglia la sposa e la fa venire in casa sua a fare da cuoca, da domestica e da concubina, nonché da badante ai genitori di lui, e quando moriranno, si occuperà di celebrare la puja, la preghiera rituale. Insomma, la figlia femmina è una botta di sfiga che in molti non possono permettersi.
Figuriamoci se poi questa si dovesse mettere a far casino per una "palpatina", ché come minimo è colpa sua perché è andata troppo tardi al bazaar o perché aveva la choli (il corpetto che si indossa sotto la sari) troppo scollata.
Quando parlo della mia esperienza in India non posso esimermi dal raccontare di come gli uomini spesso passassero da una parte all'altra della strada per sfiorarmi le tette con un gomito, o il culo. E all'inizio non capivo neanche perché la gente mi urtasse continuamente anche se non c'era folla, che tenera.
Una volta, in un vicolo affollatissimo avevo ricevuto un'energica palpata di chiappa, ed ero andata dalla polizia che stava proprio lì, giusto per vedere cosa mi rispondevano. La loro risposta è stata "YOU MUST CALL THE POLICE". Devi chiamare la polizia, come se loro fossero vestiti così per carnevale.
Un'altra volta, sempre nello stesso vicolo, la scena della palpata si è ripetuta. Ma stavolta c'era poca gente e non era difficile individuare il colpevole. L'ho rincorso (credo di non aver mai corso così tanto in vita mia!) e gli ho sferrato un cazzotto nella schiena, sconvolgendolo e intimandogli di non azzardarsi mai più a fare una cosa simile. Certo è stato un gesto dettato dall'impulso, in Italia non l'avrei mai fatto, perché probabilmente dopo la palpata mi sarebbero toccate delle botte da orbi, più varie ed eventuali a cui non voglio neanche pensare.
Da come l'ho visto shockato, è probabile che questo indiano manomorta non ripeta più un gesto del genere. Forse è tutta una questione di ignoranza, perché l'uomo alfa indiano non sa come trattare una donna, e boh, se la piglia e la fracassa di botte se lei non sta zitta e buona a subire. No, aspetta. Non è solo questione di ignoranza, è anche una propensione alla violenza, è una totale mancanza di rispetto nei confronti della donna (ehi, maschio! Ricordati che sei nato da una donna!), e un senso di impunità fin troppo diffuso.
La vicenda della ragazza di Delhi non è certo la prima, purtroppo, ma a quanto pare è stata la prima che, per la sua efferratezza
se avete lo stomaco forte e sapete l'inglese
vi rimando a wikipedia, che tutto sa e tutto conosce
Io piangevo e quasi vomitavo dall'orrore, per dire
e per il suo triste epilogo, ha scosso l'opinione pubblica. Perché troppe donne in India hanno subito molestie più o meno esplicite solo perché "colpevoli" di prendere un autobus dopo il tramonto (e non parliamo del fatto che spesso le pensiline sono poco o per niente illuminate, o addirittura non esistono!), o per questo o quell'altro motivo. Ma nessuna giustificazione per i molestatori. Soprattutto nessuna colpa da parte della vittima.
L'India sta cambiando, e con essa anche le sue donne si stanno emancipando: lavorano, escono, si divertono. E vogliono rivendicare il diritto a poter svolgere queste attività normali in piena sicurezza, e in piena libertà.
Il governo sta pensando alla castrazione (più o meno) chimica per coloro che si macchiano del reato di violenza carnale.
Per evitare episodi di questo tipo bisognerebbe cominciare nelle famiglie, nelle scuole: magari qualche corso di autodifesa femminile... La verità è che non sono solo gli uomini che devono imparare a rispettare le donne, ma le donne stesse devono essere messe in condizioni di farsi rispettare e di potersi difendere senza vergogna, se necessario.
La verità è che basterebbe che la polizia indiana svolgesse onestamente e correttamente il proprio lavoro: se la ragazza fosse stata soccorsa subito -senza bisogno che il suo amico, devastato dalle botte e dallo shock, la caricasse a forza nell'auto della polizia- se, invece che in un lontano e scrausissimo ospedale pubblico, la polizia l'avesse portata in una clinica privata, forse -FORSE- si sarebbe potuta salvare.
In questi giorni mi è tornata in mente una "pubblicità progresso" credo del 2009, che rappresenta Draupadi, la celeberrima eroina del Mahabharata, ovvero "la grande storia di Bharata" (da cui deriva Bharat, il nome ufficiale dell'India), il poema epico-storico-religioso più imponente che sia mai stato composto, un'enciclopedia di tutto il sapere indiano, che racconta (tra le millemila altre vicende ed appendici) la battaglia di Kurukshetra, combattuta tra la stirpe solare, i Pandava e i cugini appartenenti alla stirpe lunare, quella dei Kaurava, che determinerà le sorti dell'India e dell'universo tutto.
Ecco, Draupadi è la madre dei Pandava, un'eroina ben diversa da quelle presentate nei testi indiani: è volitiva, forte; una grande, insomma. Ecco, Draupadi sarebbe stato un altro possibile nome per la mia futura figlia (in un futuro moooolto lontano), se non fosse così cacofonico.
Grazie ad una partita truccata a dadi i Kaurava vincono il regno, e, già che ci sono, decidono di prendersela con l'unica donna presente: Draupadi, appunto. Uno dei bruti comincia ad umiliarla, la strattona, le strappa le vesti. O, almeno, ci prova, perché Dio vede e provvede, e Krishna protegge la sua devota da quei bruti (e non è per rovinarvi il finale, ma continuerà ad aiutare i Pandava e sarà, letteralmente, EPIC WIN per loro). La sari di Draupadi, grazie all'intervento divino, continua ad allungarsi all'infinito, finché il malintenzionato è costretto a rinunciare, sommerso dai metri di stoffa.
...E va bene che non bisogna mai metter limiti alla Provvidenza, ma forse è meglio seguire il consiglio di questo manifesto:
NON ASPETTARE DIO, DENUNCIA GLI ABUSI
...Nella speranza che quest'orribile vicenda serva, e che il governo emani e si impegni a far rispettare una legge che finalmente punisca gli stupratori e tuteli le vittime, ed ogni singola donna.
E con questo è tutto, spero di non avervi annoiato troppo e di tornare (più o meno) presto a scrivere di argomenti più leggeri e frivoli.
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Update del 9.01.2013: il padre della ragazza ha reso pubblico il nome: Jyoti Singh. Ora che il mondo sa il suo nome, lei vivrà per sempre, ha dichiarato il padre.(scusate, ma sapete che io sono SEMPRE in ritardo, eh!)
4 commenti:
Bellissimo post, grazie.
Marco/MilleOrienti
Grazie. Meno male che ci sono persone come te che sanno come scrivere di questi argomenti, con la giusta dose di sensibilità ed indignazione, e che sanno mantenersi razionali nonostanti il disgusto... cosa che io, per ovvi motivi, non sono ancora capace di fare, e forse non lo sarò mai.
Grazie mille, Marco! I complimenti di un luminare sono più che graditi!
Omonima, grazie a te. Di cuore.
Bene : Vedo che hai ricominciato a sillabare. Penso che il tuo non sia un umilo punto di vista , ma una osservazione puntuale su quanto si dice in questi giorni sugli stupri in India.
Io penso che questo argomento in India ed altri paesi è sempre esistito e penso che se ne stia parlando in Italia più del necessario in quanto in questo periodo ai media manca carne frasca da dare in pasto ai leoni; infatti in fatto di politica siamo solo all'inizio di una campagna elettorale che per quanto se ne dica è " blanda " ed altri argomenti interessanti non ne vedo: dopo che anche lo spread come argomento è scemato , mi dici di che cosa devono parlare i media. Pensa che in questo periodo siamo stati anche in astinenza di calcio da "ben 15 giorni" e nenchè il calcio mercato è riuscito a portare grosse notizie. Per fortuna a Busto Arsizio un gruppetto di imbecilli è riuscito a dare qualcosa in pasto alla stampa altrimenti mi domando cosa avrebbero potuto scrivere.
Stupri in India; ma vogliamo parlare di femminicidi in Italia? ciao dal tuo papino
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